Presentata la nuova serie prodotta da Cattleya e disponibile su Netflix dal 15 gennaio, che prende ispirazione dall’opera letteraria ACAB, sul conflittuale rapporto tra società e forze dell’ordine

Da sx a dx Adriano Giannini , Valentina Belle’, Fabrizio Nardi, Michele Alhaique ,Pierluigi Gigante, Marco Giallini, Donatella Finocchiaro. Photocall @  ACAB Press Screening in Rome January 13th 2025

La necessità di raccontare una storia attuale ha portato ad una revisione del film prodotto qualche anno fa, sotto forma di una serie in 6 episodi, che vuole mettere a fuoco il rapporto tra la professione e la vita privata dei personaggi. I quattro protagonisti (tra i quali per la prima volta una donna), ma di fatto l’intera squadra composta da dieci elementi, danno la possibilità di indagare da vicino un mondo chiuso, con le sue regole, impossibili da decifrare se non avvicinandosi a piccoli passi e mettendo da parte il giudizio.

Lo spettatore si trova davanti a scene da guardare, provando emozioni magari scomode, tanto nell’empatia inattesa quanto nella critica più nera. La serie non si pone l’obiettivo di dare delle risposte ma proverà a portare lo spettatore dentro la profondità della sfera privata e della sfera professionale, attraverso le storie conflittuali di questi personaggi, portandolo a porsi delle domande su fatti storici e sulla realtà che ci circonda.

ACAB racconta le missioni di un Reparto Mobile di Roma impegnato nel mantenimento dell’ordine pubblico e ci permette anche di recarci  dietro le quinte di questa arena pubblica. Sono quinte fatte di vite private, in cui il disordine fagocita tutto e richiama sentimenti e bisogni primari in cui sembra possibile riconoscersi. 

Mazinga, Michele, Marta, Salvatore e i loro compagni di squadra combattono continue battaglie, interne ed esterne. Si destreggiano tra ordine e caos e ci dimostrano quanto le nostre certezze siano gemelle delle nostre paure e quanto il bisogno di arginare queste ultime sia uno dei più potenti motori dell’animo umano e del suo bisogno di raccontarsi e di immaginare. La narrazione intreccia momenti di intensa azione con riflessioni intime.

Questa serie non è solo una storia crime e di azione: è uno sguardo profondo su un sistema complesso e polarizzato, in cui violenza, rabbia repressa e disillusione mettono alla prova tanto i poliziotti quanto la società che li circonda.

Durante l’incontro con la stampa abbiamo incontrato un cast di talento che include Marco Giallini (nel ruolo del Mazinga già interpretato nel film di Sollima), Adriano Giannini, Valentina Bellè, Pierluigi Gigante e tutti gli altri interpreti. L’obiettivo è quello di umanizzare i protagonisti, andando oltre gli stereotipi per mostrare le loro fragilità, la vulnerabilità e i conflitti interiori che li definiscono.

ACAB

Si tratta di un progetto che ha l’intento di proporre narrazioni innovative, coraggiose, profonde e coinvolgenti, che sappiano intrattenere e al tempo stesso stimolare una riflessione più ampia, grazie ad una produzione che si contraddistingue per la qualità del talento davanti e dietro la macchina da presa.

I due temi che scatenano i conflitti del racconto sono l’ordine ed il caos, la legge e la morale. Da una parte c’è tutto ciò che è lecito, giusto o semplicemente accettato dalla società: amore, famiglia, aspirazione alla felicità, libertà individuale, rispetto degli altri. Dall’altra parte c’è il caos, tutto ciò che è al di fuori della legge e della morale: illegalità, tradimento, violenza, vendetta. La domanda tematica dalla serie attraversa i due piani, quello sociale e quello individuale. 

Una notte di feroci scontri in Val di Susa. Una squadra del Reparto Mobile di Roma resta orfana del suo capo, che rimane gravemente ferito. Quella di Mazinga (Marco Giallini), Marta (Valentina Bellè) e Salvatore (Pierluigi Gigante), però, non è una squadra come le altre, è Roma, che ai disordini ha imparato ad opporre metodi al limite e un affiatamento da tribù, quasi da famiglia.

Una famiglia con cui dovrà fare i conti il nuovo comandante, Michele (Adriano Giannini), figlio invece della polizia riformista, per cui le squadre come quella sono il simbolo di una vecchia scuola, tutta da rifondare. Come se non bastasse il caos che investe la nuova formazione nel momento di massima fragilità interna, si aggiunge quello dato da una nuova ondata di malcontento della gente verso le istituzioni. Un nuovo “autunno caldo” contro cui proprio i nostri sono chiamati a schierarsi e in cui ogni protagonista è costretto a mettere in discussione il significato più profondo del proprio lavoro e della propria appartenenza alla squadra.

Quanto disordine può permettersi una società democratica? Mentre, sul piano individuale, quanto caos siamo in grado di governare nelle nostre vite? 

I celerini, indossati gli scafandri, s’immergono nel caos per presidiare quel confine sottile e oscuro, quella zona d’ombra, che chiamiamo genericamente “piazza”, sia questa il centro storico di una città, una discarica, un cantiere, i cancelli di una fabbrica, il molo di un porto, uno stadio.  

Mazinga, Michele, Marta, Salvatore e i loro compagni di squadra combattono continue battaglie, interne ed esterne. Si destreggiano tra ordine e caos e ci dimostrano quanto le nostre certezze siano gemelle delle nostre paure e quanto il bisogno di arginare queste ultime sia uno dei più potenti motori dell’animo umano e del suo bisogno di raccontarsi e di immaginare. 

La colonna sonora, dei Mokadelic, prende vita con una pulsazione che diventa il “battito cardiaco” della serie. 

Credits: Photocall di Virginia Bettoja/Netflix; tutte le foto sono state fornite dal Press Office Netflix

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